lunedì 21 febbraio 2022

Negazionismo, verità e democrazia

(da laRegione del 18 febbraio 2022)

Ci sono stati ed esistono tuttora no-vax, no-mask, terrapiattisti, persone che negano il cambiamento climatico. Non che esista una coerenza interna tra i negazionismi. Ognuno può, volendo, prendere dal sapere scientifico ciò che più gli risulta utile a confermare e rinforzare la sua personale e soggettiva visione del mondo, rifiutando le altre conoscenze riconosciute come vere quando non gli convengono. Non tutti i no-mask sono per forza terrapiattisti, così come si può credere che il cambiamento climatico esista negando al contempo l’efficacia di una vaccinazione.

La negazione dei fatti, della loro dimostrazione e interpretazione da parte dei saperi e delle scienze socialmente riconosciute solleva però due ordini di problemi strettamente connessi tra di loro: uno di carattere conoscitivo, di ciò che crediamo essere vero e reale, e uno di carattere etico e politico.

Non si vuole negare l’opportunità di discutere pubblicamente se l’obbligo di indossare la mascherina e di essere in possesso del certificato Covid siano misure eticamente giustificabili e proporzionali in una pandemia. Il dibattito e il confronto democratico può però diventare costruttivo solo se vi sono dei presupposti conoscitivi condivisi e reputati perlopiù veri, quali ad esempio l’utilità delle mascherine e della vaccinazione per affrontare una malattia infettiva, l’inefficacia di altri metodi di prevenzione e cura alternativi, il fatto che un virus possa non essere una semplice influenza stagionale e che una pandemia non sia una costruzione sociale e politica.

Questo vale anche per la questione ecologica. Possiamo dibattere e confrontarci sul futuro nostro e delle nuove generazioni, decidere quali misure implementare, come modificare le nostre abitudini e limitare certe libertà solo se crediamo che il cambiamento climatico esista e sia causato dall’uomo.

La discussione pubblica forse sarebbe meglio non basarla solo sulle nostre percezioni e intuizioni soggettive. Rischiano infatti sempre di esserci delle persone che sosteranno che per le loro percezioni e intuizioni il problema non sussiste (“questo inverno, così come la scorsa estate, non era poi così caldo…”). Le percezioni e intuizioni soggettive non ci permettono infatti di cogliere sempre la realtà delle cose, altrimenti avrebbero ragione i terrapiattisti, visto che quasi nessuno, tranne gli astronauti, percepisce immediatamente la terra come rotonda.

Se in democrazia la posizione di chi basa le sue valutazioni etiche e politiche su delle conoscenze il più possibili oggettive e dimostrate dovesse avere lo stesso valore di verità della posizione di chi nega che queste conoscenze siano vere, la verità e la giustizia sarebbero solo l’opinione della maggioranza, anche se questa fosse falsa e sbagliata. A scuola si potrebbero così iniziare ad insegnare le “verità” del terrapiattismo, del creazionismo religioso al posto dell’evoluzionismo darwiniano, la credenza che il cambiamento climatico non sia causato dagli esseri umani e che quindi si può anche non fare nulla.

È proprio all’interno di questo processo radicalmente egualitario e individualista, nel quale ogni opinione ha lo stesso valore di verità, che la liberal-democrazia potrebbe rovesciarsi nel suo opposto e trasformarsi, questa volta realmente, in una società autoritaria e dittatoriale.

Se non si crede che possano esserci conoscenze oggettivamente vere, in quanto conformi ad una realtà dei fatti indipendenti dalla nostra soggettività, allora rischiano di vincere le ragioni dei più furbi e/o dei più forti, di coloro che riescono a convincerci meglio manipolando con la loro propaganda la realtà. Possono così venire negati, in nome di interessi personali, economici, politici e ideologici, l’esistenza di un virus e/o della sua pericolosità, e del cambiamento climatico (nota bene: non che dietro alla produzione e distribuzione di mascherine, vaccini, batterie elettriche, pannelli solari non vi possano essere interessi economici e politici, ma queste non sono ragioni sufficienti per negare la realtà con i suoi problemi e i possibili metodi disponibili per risolverli).

Ciò non significa arrivare al punto di limitare la libertà di credenza, espressione ed azione ai vari negazionismi, perlomeno fino a quando il male e il danno lo causano principalmente a sé stessi, e non agli altri e alla collettività, e fino a quando rimangono minoranze. Altrimenti lo stato non avrebbe il dovere di intervenire per proteggere i nostri diritti, la nostra salute e il nostro benessere attuale e futuro restringendo sempre di più le nostre libertà?

La speranza è che per avere fiducia nei saperi e nelle scienze dimostrate e socialmente riconosciute continueranno ad essere sufficienti una corretta, adeguata ed efficace informazione, educazione e trasmissione della cultura e delle conoscenze. Altrimenti l’ideale illuminista potrebbe rovesciarsi nel suo contrario, e non ci resterebbe che auspicare l’avvento di una dittatura illuminata.



domenica 13 febbraio 2022

L'inefficacia del radicalismo nella lotta per i diritti degli animali

La sonora bocciatura odierna dell’iniziativa contro la sperimentazione animale e umana era prevedibile. C’è infatti spesso un problema di ordine generale nelle lotte per i diritti degli animali: sono espressioni di un radicalismo inaccettabile per la stragrande maggioranza della popolazione, risultando quindi inefficaci nel loro tentativo di diminuire le sofferenze degli animali non umani.

La filosofia dell’antispecismo, che sostiene che non vi sia alcuna differenza sostanziale né superiorità morale tra gli esseri umani e le altre specie animali, è innanzitutto, prima che politica, una rivoluzione antropologica. Siamo una specie che per molto tempo, e ancora oggi, crede di essere unica e speciale rispetto alle altre forme di vita, nonostante il sapere scientifico abbia dimostrato da tempo l’illusorietà di queste pretese.

Ma le credenze sedimentate nella nostra storia culturale, anche se sono in contrasto con quanto sappiamo essere vero, sono difficili da modificare. Basti pensare quanto ancora oggi facciamo fatica ad accettare la verità dell’evoluzionismo darwiniano e il fatto che siamo parte della stessa famiglia biologica delle grandi scimmie. O quanto il fatto di mangiare carne come concausa del cambiamento climatico rimanga un problema perlopiù rimosso dal dibattito pubblico e confinato nel privato. O quanto la nostra mente abbia fatto fatica ad accettare che un impercettibile virus sia stato in grado di sconvolgere le nostre esistenze, arrivando a negare la realtà della natura e a costruire narrazioni complottistiche che rimettono al centro l’essere umano come causa di tutto.

Proprio per questo a livello politico se si volessero ottenere dei risultati per il benessere e i diritti degli animali sarebbe forse meglio essere meno radicali. Le trasformazioni antropologiche richiedono tempo. Non sarebbe stata preferibile ad esempio, e anche più giustificata eticamente, un’iniziativa volta non a vietare del tutto la sperimentazione sugli animali, ma a regolamentare al meglio questa sperimentazione, autorizzandola sempre e solo in caso di necessità e riducendo il più possibile la loro sofferenza?

sabato 12 febbraio 2022

Scienza e opinioni attorno alle vaccinazioni

Trasmissione "Millevoci"della Rete Uno della Radiotelevisione Svizzera Italiana del 28 luglio 2021. Ascolta qui.