domenica 17 dicembre 2017

Remedies – Antidoto a te stesso






Gwenstival 3 ottobre 2017

http://www.radiogwen.ch/remedies-antidoto-a-te-stesso/

Trasmissione sonora vagamente filosofeggiante. Ogni giorno insieme ad un ospite presentiamo una puntata in cui capiamo come la musica si pone come antidoto.

Conduce Laura Melera, ospite della trasmissione Giona Mattei.

A cura di Chiara Spata, Laura Melera, Alice Nicotra, Sebastiano Marvin e Alan Alpenfelt.

venerdì 26 maggio 2017


È uscito il libro che ho avuto il piacere di curare:

Michael Walzer, 
Le conseguenze della guerra. Riflessioni sullo Jus post bellumMimesis editore, Milano 2017.

Afghanistan, Iraq, Libia, Siria. Di fronte al caos geopolitico internazionale e alle odierne tragedie umanitarie, le conseguenze delle guerre contemporanee fino a che punto mettono in crisi l'idea che certe guerre possano essere giustificabili?
Michael Walzer, uno dei massimi pensatori contemporanei dell’idea di guerra giusta, nel suo testo "Le conseguenze della guerra" indica quali dovrebbero essere le responsabilità politiche e morali delle nazioni vincitrici al termine di un conflitto.

Come sottolineato nel saggio critico di Giona Mattei che accompagna lo scritto di Walzer, contestualizzare le pagine dell'intellettuale americano nell'attuale scenario politico globale solleva interrogativi su quanto la nozione di "guerra giusta" abbia contribuito alla legittimazione morale delle politiche di egemonia imperialista. 
D'altra parte, in certi casi, di fronte alle sofferenze e alle uccisioni di civili innocenti, non sarebbe giustificato ancora oggi un intervento militare?

Michael Walzer insegna all’Institute for Advanced Study di Princeton (New Jersey-USA). Si è occupato di filosofia morale, teoria politica e critica sociale. È autore di studi fondamentali sulla relazione tra guerra ed etica.



Acquistabile online:
Mimesis editore
IBS
Amazon

sabato 14 gennaio 2017

Violenza e migrazione


(da Confronti, novembre 2016) 


Vi sono due processi in atto quando la rappresentazione sociale dominante collega violenza e migrazione: la “culturalizzazione dei problemi sociali” e la “logica del capro espiatorio”.
 
Questi due processi falsificano la realtà, fomentando pregiudizi e discriminazioni nei confronti degli stranieri, e non permettono di trovare delle soluzioni praticabili a problemi sociali quali la violenza e la criminalità diffuse all’interno della nostra società.

Facciamo un esempio: se un maschio di origine svizzera dovesse picchiare la moglie, tenderemo a spiegare questo problema secondo cause psicologiche e sociali (eventuali problemi di violenza subita durante lo sviluppo, emarginazione sociale, abuso di sostanze, problemi psicologici specifici, ecc.). Se invece un maschio arabo di religione musulmana dovesse picchiare la moglie, ecco che all’interno della nostra rappresentazione sociale spiegheremo questo fenomeno quasi esclusivamente secondo cause culturali e religiose: lo fa perché è nella sua cultura. La “culturalizzazione dei problemi sociali” nasconde così le possibili cause psico-sociali della violenza, non permettendo così di analizzare (e risolvere) il problema nella sua complessità. Questo non significa beninteso che la cultura non possa avere un peso, dovrebbe però emergere solo come una delle possibili cause del problema.

Nella narrazione sociale dominante riguardante il nesso tra violenza e migrazione vi è inoltre la tendenza di dare più spazio, sui mass-media e all’interno del senso comune, alla violenza e alla criminalità di chi è “venuto da fuori”, occultando la violenza e la criminalità “interne alla nostra comunità”, creando una percezione distorta della realtà. Ad esempio, secondo i dati ufficiali riguardanti la violenza domestica in Svizzera, nel 2014 sono avvenuti all’interno di nuclei famigliari 23 omicidi (il 63.9% del totale di tutti gli omicidi in Svizzera), 39 tentativi di omicidio, 72 casi di lesioni corporali gravi, 1879 casi di lesioni corporali semplici, e questo principalmente all’interno delle “nostre famiglie”.

Si mostra qui il secondo processo in atto, la “logica del capro espiatorio”. Questa logica tende a nascondere la violenza interna alla nostra società, costruendo una narrazione dominante che coglie i problemi sociali innanzitutto in quanto “importati da fuori”, proiettando la colpa sugli altri, “su di loro”. L’essenziale è che la responsabilità del degrado e del conflitto sociale, della relativa violenza e criminalità sia innanzitutto “loro”, e mai in prima istanza “nostra”: “noi” in quanto paladini e difensori della non-violenza, del rispetto dell’uguaglianza e della dignità di ogni individuo; “loro” in quanto provenienti da una cultura subalterna perlopiù violenta, discriminatoria e irrispettosa dei diritti dell’uomo.

Negare questa logica non significa, beninteso, che “loro” siano meglio di “noi”, ma iniziare a comprendere e giudicare le persone e i problemi sociali in maniera equa, sempre che crediamo ancora che la giustizia debba essere uguale per tutti.
Ma si fa fatica ad accettare che il male sia innanzitutto interno, a sopportare la verità che gli abusanti, gli stupratori e i pedofili vivono principalmente nelle nostre famiglie, siano “uno di noi”. Ammetterlo significherebbe diventare consapevoli del fatto che il nostro sistema sociale è in sé problematico, criminale e violento, che non viviamo nel migliore dei mondi possibili e che il sistema andrebbe cambiato.

Se il paradigma politico è però quello della conservazione dello status quo e della costruzione di muri che difendano la nostra tradizione, i nostri usi, costumi e valori supposti originari, e se non vi è nessuna apertura ad una visione di un futuro che possa essere migliore del qui e ora, allora agiranno i processi di “culturalizzazione dei problemi sociali” e della “logica del capro espiatorio” che criminalizzano il diverso, vedendo nello straniero la causa del problema, e mai nel sistema.

Questi processi tendono, in ultima istanza, a trasformare la violenza, i problemi e i conflitti sociali interni alla società in conflitti culturali e identitari tra “noi” e “loro”, permettendo a chi detiene o ambisce al potere di mantenerlo e/o conquistarlo, tramite iniziative quali l’espulsione dei criminali stranieri. Lo scopo ultimo, infatti, non è quello di risolvere la criminalità all’interno della nostra società, ma la costruzione e il mantenimento, grazie ad una rappresentazione falsificata della realtà, di un’egemonia politica e culturale.