(da laRegione dell'8 gennaio 2016)
1. Incitare alla guerra
Nel documento programmatico “La gestione del caos”, scritto da
Abu Bakr Naji, uno degli ideologi e degli intellettuali dell’ISIS, gli attacchi
terroristici nel mondo occidentale sono (anche) pensati come un metodo per
incitare i paesi occidentali a fare la guerra allo Stato Islamico.
Se decidono unicamente di intensificare i bombardamenti aerei,
questo ha come conseguenza inevitabile un aumento sul terreno delle vittime
civili. I cineasti dell’ISIS sono allora pronti a filmare i bambini che muoiono
sotto le bombe occidentali, videoclip che, abilmente montati, saranno messi in
rete per intensificare il risentimento nei confronti degli “usurpatori delle
loro terre”.
Lo scopo ultimo, però, è quello di costringere i paesi
occidentali a inviare delle truppe sul terreno, in modo da convincere la
popolazione del Medio Oriente che ci troviamo all’interno di una guerra di
civiltà, che gli occidentali non sono che dei “crociati”, degli “invasori”,
degli “colonizzatori” a cui non si può che opporre una “resistenza armata di
liberazione”.
Risposte a questa strategia, ad oggi: nessuna, se non l’aumento
dei bombardamenti come mera prova di potenza che, in assenza di un obiettivo
globale di ricostruzione del Medio Oriente, rischia di fomentare ancora di più
l’odio nei confronti dell’Occidente.
2. Far
costruire muri contro i rifugiati
In un comunicato emanato qualche giorno fa, l’ISIS informa che
più di 4000 dei loro combattenti stanno arrivando in Europa mascherandosi da
profughi.
Questa notizia è falsa. Praticamente la totalità delle persone
che arrivano lo fanno per fuggire dalla guerra, dalla persecuzione dello Stato
Islamico e della dittatura siriana. I nuovi adepti dell’ideologia
islamo-fascista vengono infatti reclutati tra i giovani nati e cresciuti in
Europa.
Ma la notizia serve a incutere paura e a provocare la
costruzione di nuovi muri fisici, mentali, politici e sociali contro i
profughi, innalzando così la conflittualità sociale e il risentimento nei
confronti del vecchio continente.
L’Europa rischia così di mostrare il suo vero volto, come
auspicato dall’ISIS: i tanto declamati diritti dell’uomo e i principi di
libertà, uguaglianza e solidarietà non sono che il privilegio di pochi,
un’ideologia universale utile a mascherare etnocentrismo e neocolonialismo.
Sarà molto più facile, allora, che i dannati della terra si rivolgano ad altre
ideologie che promettono loro la liberazione su questa terra, e ancora di più
in cielo.
3. Il
conflitto sociale
Sempre nel documento programmatico “La gestione del caos”, gli
attacchi terroristici nel mondo occidentale sono (anche) pensati come una
strategia per frammentare e spezzare l’ordine sociale di un paese.
Il terrorismo, infatti, intensifica l’islamofobia, emarginando e
discriminando ulteriormente i giovani musulmani che vivono in Europa o negli
USA. Questo processo aumenta il terreno fertile per la propaganda dello Stato
Islamico in vista del reclutamento di nuovi adepti.
Risposte a questa strategia, ad oggi: nessuna controstrategia
che tenti di risolvere il problema dell’emarginazione sociale delle banlieue,
ma unicamente la sospensione dello stato di diritto e la creazione di uno stato
di polizia che reprime ulteriormente la devianza, fomentando ancora di più il
conflitto sociale.
4. La
guerra di civiltà
Al momento non ci troviamo (ancora?) all’interno di un conflitto
di civiltà tra Islam e Cristianesimo, tra Oriente e Occidente, tra
islamo-fascismo e liberal-democrazia.
La guerra in Medio Oriente è infatti innanzitutto, da un punto
di vista culturale e religioso, una guerra interna al mondo musulmano, tra
differenti interpretazioni dell’Islam, oltre che essere uno scontro tra volontà
di potenza e molteplici interessi politici, economici e sociali.
Neppure il terrorismo in Europa è allo stato attuale un conflitto
di civiltà: la cultura e il credo religioso della stragrande maggioranza dei
musulmani europei non hanno nulla da spartire con il jihadismo fondamentalista.
Il Terrore aspira a trasformare questi diversi conflitti
sociali, politici, economici e culturali in una guerra di civiltà, in una
scelta, per i giovani musulmani in Medio Oriente e in Europa, tra “Noi” e
“Loro”: o l’Islam o l’Occidente, o il “Regno di Dio” o la “Democrazia”.
Le parole e i simboli contano: più la società inizia a credere
in queste visioni del mondo, più queste diventeranno delle rappresentazioni
politiche e sociali che strutturano il nostro modo di pensare e percepire il
mondo, trasformando la realtà. E così il conflitto rischia di diventare
esclusivo: o di qua o di là, o con noi o con loro, e a ciascuno la sua scelta
per chi valga la pena di imbracciare le armi.
5. L’ideologia dell’assoluto
Come sostengono molti scienziati sociali (tra i quali Olivier
Roy e Jean-Loupe Amselle), vi sono due tipologie di giovani che aderiscono alla
Jihad del terrore.
I primi sono i giovani che sono stati messi al bando dalla
società, che all’interno dei loro ghetti vivono in una realtà parallela segnata
dalla criminalità, dall’appartenenza a bande giovanili e dalla violenza
diffusa. Stigmatizzati in quanto feccia, in assenza di futuro e di un possibile
reintegro che dia loro un riconoscimento e un ruolo all’interno della società,
diventano il primo terreno fertile per il reclutamento dei jihadisti.
I secondi sono i giovani delle classi medie, socializzati in
questo caso non alla devianza ma alla normalità, di una normalità che vivono e
percepiscono come sprovvista di valori forti, incapace di dare un senso ultimo
e quindi un orientamento profondo alle loro esistenze. Il nichilismo
contemporaneo come secondo terreno fertile per il reclutamento.
In un Occidente nel quale non vi è più speranza nella Salvezza e nell’Eternità, e nel quale è scomparsa la fede nelle grandi narrazioni che promettevano la liberazione al termine della Storia, nelle nostre società senza futuro né possibilità di riscatto sociale, la conversione all’Islamo-Fascismo rischia di essere l’unica possibilità di una rottura e una rivolta radicale, un’ideologia globale e antisistema in grado di ridare un nome e un senso all’assoluto.
In un Occidente nel quale non vi è più speranza nella Salvezza e nell’Eternità, e nel quale è scomparsa la fede nelle grandi narrazioni che promettevano la liberazione al termine della Storia, nelle nostre società senza futuro né possibilità di riscatto sociale, la conversione all’Islamo-Fascismo rischia di essere l’unica possibilità di una rottura e una rivolta radicale, un’ideologia globale e antisistema in grado di ridare un nome e un senso all’assoluto.