Se mi si offre una buona occasione per tradire il mio partner e godermi
dei momenti di inteso piacere, ma perché non dovrei farlo?
Il tradimento, inteso come infedeltà in amore, non sembra più essere
oggi una questione di “morale collettiva”. Non pare più sollevare quesiti
relativi attorno al “bene comune” né porre problemi di “giustizia pubblica”. Questo
assunto è stato ribadito con forza, di recente, dal presidente della Repubblica
francese, François Hollande, in seguito alla rivelazione mediatica della sua
infedeltà alla sua compagna. Si tratterebbe di una questione del tutto privata,
che poco o nulla ha a che vedere con il “bene della Repubblica”, posizione pare
condivisa dalla grande maggioranza della popolazione francese, preoccupata non
tanto delle scappatelle notturne in scooter del loro presidente, ma piuttosto
di questioni quali l’economia, il lavoro, la disoccupazione, in poche parole dell’utilità
collettiva. Il caso francese si rivela essere in sintonia con la logica morale
(neo)liberale imperante: tradire o meno il proprio partner è un atto privato,
garantito dal diritto di ognuno di poter scegliere per se stesso cosa sia una
“vita buona”, e che poco ha a che fare con il “benessere comune”, perlopiù con il
malessere di un’unica persona tradita.
Il tradimento rimane, in ogni caso, una questione di “giustizia
privata”: è giusto o sbagliato tradire il proprio partner? Secondo quali
principi, rispetto alla valutazione di quali conseguenze e in quali casi?
Dando per scontato che la “morale vecchia maniera”, che concepiva l’adulterio
come un peccato sancito dai comandamenti, sia stata spazzata via dai nuovi
valori fondati dalla libera espressione dei propri desideri in nome del godimento,
proviamo a riflettere a partire dal seguente esperimento mentale. “Siete in
libera uscita con i vostri amici e il vostro partner abituale è rimasto a casa.
Decidete di andare in discoteca, o a una festa campestre, oppure a un
vernissage (a dipendenza dei vostri gusti culturali). L’alcol scorre a fiumi e
incontrate una persona estremamente piacevole, con la quale instaurate un
ottimo feeling, che vi propone di andare a casa sua per godervi un paio d’ore
di intenso piacere. La persona vi garantisce che si tratta di una proposta fine
a se stessa, che in seguito potrete tornare tranquillamente dal vostro partner
e che farete tutto il possibile affinché nessuno vi scopra. Prendere o lasciare…
”.
È giusto o sbagliato
tradire?
Che fare? Se ciò che sta a fondamento della nostra attuale morale liberalcapitalista
è la possibilità per ognuno di scegliere liberamente il proprio bene, e se il
bene è principalmente concepito come felicità da dover cogliere nel qui e ora
(e non più come speranza di felicità e redenzione da raggiungere
nell’oltretomba e/o alla fine dei tempi), allora perché non dovrebbe essere
giusto tradire?
Lo scopo di una “vita buona”, oggi, non è diventato quello di riuscire a
soddisfare nel presente più desideri possibili, che ci permetterebbero di
godere, di provare piacere ed esaudire le occasioni di consumo di felicità che
ci vengono proposte? L’importante sarebbe non commettere atti illeciti, e
quindi immorali dal punto di vista del “bene pubblico”, atto che il tradimento
coniugale non è più da tempo. All’appunto morale secondo il quale, con il mio
gesto, farei comunque del male a una persona, provocando nel mio partner
infelicità, si potrebbe sempre controbattere che, secondo un calcolo
utilitarista che ha a cuore il bene/il piacere della maggioranza, il risultato
complessivo del mio tradimento è una massimizzazione dell’utile collettivo: 2
persone che provano piacere e 1 dispiacere (ammesso che il tradimento non mi
provochi in seguito dei seri problemi di coscienza, fattore che non dovrei
dimenticare di calcolare). Si potrebbe ancora obiettare che se venissi scoperto
dal mio partner, le conseguenze in termini di infelicità potrebbero essere
gravi (crisi di coppia, separazione, ecc.), ma per ovviare a ciò basterebbe
fare il possibile per non essere colti in flagrante, secondo il classico motto utilitarista
“occhio non vede, cuore non duole”.
Al ragionamento che sia giusto tradire in nome dell’utile di più persone
si potrebbe contrapporre chi pensa che la vita non sia solo una continua
ricerca del proprio godimento (e di quello degli altri), ma che alla base del
nostro stare nel mondo vi possano essere anche altri principi, quali i valori
della coppia, della famiglia, del rispetto reciproco, ecc. Se l’essere umano è
veramente libero, allora potrà sempre scegliere di darsi dei principi e di
seguirli, oppure di semplicemente rincorrere il suo desiderio e il suo utile. Sarebbe
proprio questa capacità umana di darsi liberamente dei valori, diventandone
responsabili, a distinguerci dalle macchine, e forse dagli animali (rimanendo
però il rischio che, sotto l’influsso di alcol, diminuisca considerevolmente la
mia capacità di “essere umano”…).
Il tradimento in questo caso metterebbe in crisi la mia fiducia nel valore
della coppia, principio che ho deciso liberamente di darmi per costruirmi la
mia vita con quel determinato partner. Inoltre, paradossalmente, il tradimento di
un principio di legge (“non tradire”), in quanto trasgressione di un divieto, potrebbe
produrre un desiderio e un godimento molto più intensi che non un mero calcolo
dei costi e dei benefici. Ma in ogni caso questo principio di legge non ha più,
come ai tempi, valore assoluto, e quindi anche la forza della trasgressione andrebbe
relativizzata. Nella società contemporanea sarebbe difficile rappresentare Don
Giovanni come un (anti)eroe, simbolo di intenso godimento e di dannazione,
essendo la ricerca del proprio personale piacere diventato norma e Legge.
Sarebbe un uomo qualunque.
L’assunto che il tradimento avrebbe poco o nulla a che fare con il “bene
comune” potrebbe quindi essere capovolto, così come il principio che la “vita
buona” sia una questione unicamente privata. Il continuo tradimento è diventato
parte integrante della ricerca di quel “bene comune”, di quella legge che ci
vuole tutti felici nel cogliere quelle occasioni di piacere che la vita, e il
libero mercato in primis, ci offrono per diventare qualcuno (libero mercato di
cui presidente francese è uno strenuo sostenitore). Si cambia partner così come
si cambiano le auto e si modifica la propria identità, e il godimento dei
personaggi pubblici non fa più problema, assume semmai il valore dell’esempio,
in Francia come in Italia. Senza voler ritornare a imposizioni illiberali su
quale dovrebbe essere una “vita buona”, si può però sempre ancora porre la
domanda su quale sia il godimento più intenso e quale sia la vita più virtuosa.
tradiménto s. m. [der. di tradire; tradimentum è già
presente nel lat. mediev. della fine del sec. 12°]. – 1. L’atto e il fatto di venire meno a
un dovere o a un impegno morale o giuridico di fedeltà e di lealtà: commettere
un t., macchiarsi di un t. infamante; (…) ; con particolare riferimento al dovere o all’impegno di
essere fedele al coniuge o alla persona cui si è uniti da un rapporto d’amore e
d’affetto: il loro matrimonio è fallito, pare per i continui t. del
marito.
tradire v. tr. [lat. tradĕre «consegnare», attraverso il sign. di «consegnare ai nemici», «consegnare con tradimento»; cfr. soprattutto l’uso assoluto del verbo tradĕre nel passo del Vangelo di Luca (22, 48) che parla della consegna di Gesù da parte di Giuda(…)] – 1. a. Venire meno ai proprî doveri più sacri, mancando alla fede debita o data, a impegni presi solennemente, alla fiducia che altri ha in noi.
(dal vocabolario online Treccani.it).
tradire v. tr. [lat. tradĕre «consegnare», attraverso il sign. di «consegnare ai nemici», «consegnare con tradimento»; cfr. soprattutto l’uso assoluto del verbo tradĕre nel passo del Vangelo di Luca (22, 48) che parla della consegna di Gesù da parte di Giuda(…)] – 1. a. Venire meno ai proprî doveri più sacri, mancando alla fede debita o data, a impegni presi solennemente, alla fiducia che altri ha in noi.
(dal vocabolario online Treccani.it).