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sabato 15 febbraio 2014

Appunti morali I.: Tradimento



(da "La Regione" del 15 febbraio 2014) 


Se mi si offre una buona occasione per tradire il mio partner e godermi dei momenti di inteso piacere, ma perché non dovrei farlo?
Il tradimento, inteso come infedeltà in amore, non sembra più essere oggi una questione di “morale collettiva”. Non pare più sollevare quesiti relativi attorno al “bene comune” né porre problemi di “giustizia pubblica”. Questo assunto è stato ribadito con forza, di recente, dal presidente della Repubblica francese, François Hollande, in seguito alla rivelazione mediatica della sua infedeltà alla sua compagna. Si tratterebbe di una questione del tutto privata, che poco o nulla ha a che vedere con il “bene della Repubblica”, posizione pare condivisa dalla grande maggioranza della popolazione francese, preoccupata non tanto delle scappatelle notturne in scooter del loro presidente, ma piuttosto di questioni quali l’economia, il lavoro, la disoccupazione, in poche parole dell’utilità collettiva. Il caso francese si rivela essere in sintonia con la logica morale (neo)liberale imperante: tradire o meno il proprio partner è un atto privato, garantito dal diritto di ognuno di poter scegliere per se stesso cosa sia una “vita buona”, e che poco ha a che fare con il “benessere comune”, perlopiù con il malessere di un’unica persona tradita.
Il tradimento rimane, in ogni caso, una questione di “giustizia privata”: è giusto o sbagliato tradire il proprio partner? Secondo quali principi, rispetto alla valutazione di quali conseguenze e in quali casi?
Dando per scontato che la “morale vecchia maniera”, che concepiva l’adulterio come un peccato sancito dai comandamenti, sia stata spazzata via dai nuovi valori fondati dalla libera espressione dei propri desideri in nome del godimento, proviamo a riflettere a partire dal seguente esperimento mentale. “Siete in libera uscita con i vostri amici e il vostro partner abituale è rimasto a casa. Decidete di andare in discoteca, o a una festa campestre, oppure a un vernissage (a dipendenza dei vostri gusti culturali). L’alcol scorre a fiumi e incontrate una persona estremamente piacevole, con la quale instaurate un ottimo feeling, che vi propone di andare a casa sua per godervi un paio d’ore di intenso piacere. La persona vi garantisce che si tratta di una proposta fine a se stessa, che in seguito potrete tornare tranquillamente dal vostro partner e che farete tutto il possibile affinché nessuno vi scopra. Prendere o lasciare… ”.

È giusto o sbagliato tradire?
Che fare? Se ciò che sta a fondamento della nostra attuale morale liberalcapitalista è la possibilità per ognuno di scegliere liberamente il proprio bene, e se il bene è principalmente concepito come felicità da dover cogliere nel qui e ora (e non più come speranza di felicità e redenzione da raggiungere nell’oltretomba e/o alla fine dei tempi), allora perché non dovrebbe essere giusto tradire?
Lo scopo di una “vita buona”, oggi, non è diventato quello di riuscire a soddisfare nel presente più desideri possibili, che ci permetterebbero di godere, di provare piacere ed esaudire le occasioni di consumo di felicità che ci vengono proposte? L’importante sarebbe non commettere atti illeciti, e quindi immorali dal punto di vista del “bene pubblico”, atto che il tradimento coniugale non è più da tempo. All’appunto morale secondo il quale, con il mio gesto, farei comunque del male a una persona, provocando nel mio partner infelicità, si potrebbe sempre controbattere che, secondo un calcolo utilitarista che ha a cuore il bene/il piacere della maggioranza, il risultato complessivo del mio tradimento è una massimizzazione dell’utile collettivo: 2 persone che provano piacere e 1 dispiacere (ammesso che il tradimento non mi provochi in seguito dei seri problemi di coscienza, fattore che non dovrei dimenticare di calcolare). Si potrebbe ancora obiettare che se venissi scoperto dal mio partner, le conseguenze in termini di infelicità potrebbero essere gravi (crisi di coppia, separazione, ecc.), ma per ovviare a ciò basterebbe fare il possibile per non essere colti in flagrante, secondo il classico motto utilitarista “occhio non vede, cuore non duole”.
Al ragionamento che sia giusto tradire in nome dell’utile di più persone si potrebbe contrapporre chi pensa che la vita non sia solo una continua ricerca del proprio godimento (e di quello degli altri), ma che alla base del nostro stare nel mondo vi possano essere anche altri principi, quali i valori della coppia, della famiglia, del rispetto reciproco, ecc. Se l’essere umano è veramente libero, allora potrà sempre scegliere di darsi dei principi e di seguirli, oppure di semplicemente rincorrere il suo desiderio e il suo utile. Sarebbe proprio questa capacità umana di darsi liberamente dei valori, diventandone responsabili, a distinguerci dalle macchine, e forse dagli animali (rimanendo però il rischio che, sotto l’influsso di alcol, diminuisca considerevolmente la mia capacità di “essere umano”…).
Il tradimento in questo caso metterebbe in crisi la mia fiducia nel valore della coppia, principio che ho deciso liberamente di darmi per costruirmi la mia vita con quel determinato partner. Inoltre, paradossalmente, il tradimento di un principio di legge (“non tradire”), in quanto trasgressione di un divieto, potrebbe produrre un desiderio e un godimento molto più intensi che non un mero calcolo dei costi e dei benefici. Ma in ogni caso questo principio di legge non ha più, come ai tempi, valore assoluto, e quindi anche la forza della trasgressione andrebbe relativizzata. Nella società contemporanea sarebbe difficile rappresentare Don Giovanni come un (anti)eroe, simbolo di intenso godimento e di dannazione, essendo la ricerca del proprio personale piacere diventato norma e Legge. Sarebbe un uomo qualunque.

L’assunto che il tradimento avrebbe poco o nulla a che fare con il “bene comune” potrebbe quindi essere capovolto, così come il principio che la “vita buona” sia una questione unicamente privata. Il continuo tradimento è diventato parte integrante della ricerca di quel “bene comune”, di quella legge che ci vuole tutti felici nel cogliere quelle occasioni di piacere che la vita, e il libero mercato in primis, ci offrono per diventare qualcuno (libero mercato di cui presidente francese è uno strenuo sostenitore). Si cambia partner così come si cambiano le auto e si modifica la propria identità, e il godimento dei personaggi pubblici non fa più problema, assume semmai il valore dell’esempio, in Francia come in Italia. Senza voler ritornare a imposizioni illiberali su quale dovrebbe essere una “vita buona”, si può però sempre ancora porre la domanda su quale sia il godimento più intenso e quale sia la vita più virtuosa.


tradiménto s. m. [der. di tradire; tradimentum è già presente nel lat. mediev. della fine del sec. 12°]. – 1. L’atto e il fatto di venire meno a un dovere o a un impegno morale o giuridico di fedeltà e di lealtà: commettere un t., macchiarsi di un t. infamante; (…) ; con particolare riferimento al dovere o all’impegno di essere fedele al coniuge o alla persona cui si è uniti da un rapporto d’amore e d’affetto: il loro matrimonio è fallito, pare per i continui t. del marito.

tradire v. tr. [lat. tradĕre «consegnare», attraverso il sign. di «consegnare ai nemici», «consegnare con tradimento»; cfr. soprattutto l’uso assoluto del verbo tradĕre nel passo del Vangelo di Luca (22, 48) che parla della consegna di Gesù da parte di Giuda(…)] – 1. a. Venire meno ai proprî doveri più sacri, mancando alla fede debita o data, a impegni presi solennemente, alla fiducia che altri ha in noi. 

(dal vocabolario online Treccani.it).