Viviamo veramente in Svizzera in una “dittatura sanitaria” voluta dalle autorità politiche in generale e del Consiglio federale in particolare, che limiterebbero e usurperebbero i diritti, le libertà e le volontà fondamentali del “popolo”?
In una situazione di emergenza e di crisi come quella della pandemia è la stessa Costituzione svizzera, oltre che la legge sulle epidemie, a conferire al potere politico la possibilità di limitare i diritti e le libertà fondamentali. Infatti l’art. 34 della Costituzione prevede che “le restrizioni dei diritti fondamentali devono essere giustificate da un interesse pubblico o dalla protezione di diritti fondamentali altrui”.
Le restrizioni alle libertà fondamentali sono volte a garantire l’interesse della salute pubblica. Non subiamo quindi le decisioni di un’autorità che abuserebbe del suo potere per schiacciare i diritti dei cittadini, ma che tenta di trovare un equilibrio all’interno di un conflitto tra i diritti dei cittadini, in particolare tra il diritto alla libertà e al benessere degli uni, e il diritto alla vita e alla salute degli altri.
Non sarebbe quindi forse il caso, finalmente, di ammettere pubblicamente che chiedere più libertà e minori restrizioni significa anche prendersi il rischio e la responsabilità di causare più malattia e più morti nella popolazione, così come continuare a limitare le libertà fondamentali significa accettare che la situazione crei malessere e disagio mentale nella popolazione?
Se non si vuole ammettere che viviamo all’interno di questo conflitto, non rimane allora che negare le attuali conoscenze che abbiamo sul virus nonché il valore e la fiducia nella scienza, contribuendo così a rinforzare le opinioni e le teorie negazioniste e complottiste tra la popolazione.
Un populismo che evoca la dittatura e attacca la legittimità delle autorità politiche e scientifiche, e sfrutta per i suoi interessi personali le emozioni e l’affaticamento mentale della popolazione, non rischia di essere un pericolo peggiore per la democrazia?